Appello agli ospedali dei giovani medici «Dicano in cosa è meglio specializzarsi»

In questi giorni si stanno preparando ai quiz di giugno. I giovani medici sono riusciti ad ottenere, in corner, la pubblicazione dei bandi per accedere alle scuole di specializzazione per medicina e chirurgia. Un risultato tutt’altro che scontato, arrivato dopo fiumi di proteste e dopo la minaccia di una mobilitazione davanti alle università. Mobilitazione revocata all’ultimo momento.
Ora, è vero, gli aspiranti medici hanno il loro concorso ma i problemi sono tutt’altro che finiti. Per questo l’associazione Giovani medici lancia un appello agli ospedali: «Non usateci come tappabuchi, noi vogliamo diventare dei bravi dottori». Tappabuchi, sì. Perché tanti camici bianchi esordienti passano tre mesi in un reparto, altri sei in un altro.
Poi decidono di andare all’estero o di ripiegare sulle cliniche private. Il motivo? Guadagnano troppo poco, tirano avanti con borse di studio spesso risicate e cambiano azienda ospedaliera nella speranza di veder aprirsi qualche spiraglio professionale in più. Sognando il tanto desiderato contratto.
«Per sbloccare questa situazione - spiega Martino Massimiliano Trapani, vicepresidente dei Giovani medici - proponiamo di suddividere il periodo della specializzazione in due fasi: i primi tre anni regolati da un contratto di formazione, come avviene già adesso, e gli ultimi due anni regolati da un regolare contratto di assunzione in ospedale».
Una proposta troppo ottimistica? Forse. «Ma così - aggiunge Trapani, specializzando in Igiene e sanità pubblica - risolveremmo anche il problema del turn over e ci sarebbe un reale passaggio delle consegne tra i medici vicini alla pensione e quelli all’inizio della professione». Nei prossimi dieci anni infatti i guru della medicina appenderanno il camice al chiodo e nelle corsie ospedaliere si registrerà paradossalmente una carenza di personale. «Ci siamo noi - fanno presente gli specializzandi - non lasciateci precari a vita». Alla luce di questo scenario, i medici esordienti chiedono anche maggior programmazione da parte delle università. Che significa: accessi a numero chiusi ragionati in base alle esigenze dei reparti e una formazione più pratica nelle scuole di specializzazione. In questo modo si potrà far fronte alla carenza di medici in alcuni settori: pediatria, radiologia, anestesia.
Il gruppo di specializzandi sta anche cercando di fare una sorta di censimento on line: un questionario, disponibile sul portale www.giovanemedico.it, che tutti i medici in erba potranno compilare. Servirà a fare una fotografia, regione per regione, della situazione. Aiuterà a capire quanti precari ci sono, quali sono le specializzazioni che vanno per la maggiore e quelle invece che tra qualche anno avranno problemi di personale. «In base ai dati raccolti da qui a luglio - spiega Trapani - formuleremo delle proposte alle istituzioni e per la prima volta si potranno evidenziare le criticità di accesso al mondo del lavoro, con tanto di numeri». 


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